Il Sole 24 Ore 1.2.05
Linguaggio
LA GRAMMATICA? NEGLI ESSERI UMANI È QUASI UN ISTINTO
Lara Ricci
In una comunità di beduini isolata nel deserto per generazioni è nato un nuovo linguaggio. Una forma di comunicazione che sembra essersi sviluppata spontaneamente e senza influenze esterne, come quella che vide parlare i primi uomini.
È accaduto nella regione del Negev, in Israele, all'interno del gruppo beduino Al-Sayyid, isolato dal resto del mondo da circa duecento anni per motivi culturali. Tremilacinquecento persone tutte imparentate, 150 di loro sofffrono di una grave forma di sordità congenita a causa dei matrimoni tra consanguinei. Tra questi uomini, che non sono emarginati e frequentemente si sposano e hanno figli con persone sane, settanta anni fa si sono sviluppati i primi rudimenti di un linguaggio dei segni. E anche se non è quasi rimasta testimonianza della prima generazione di persone che hanno usato questa forma di comunicazione, l'analisi della seconda generazione ha aperto una finestra sui fondamenti della natura di tutti i linguaggi umani.
Dopo tre anni di studi, infatti, Wendy Sandler, Irit Meir, Carol Padden e Mark Aronoff, linguisti dell'Università di Haifa, in Israele, dell'Università della California a San Diego e della Stony Brook University di New York, hanno scoperto che le regole grammaticali emergono rapidamente e spontaneamente, come se gli uomini fossero "progettati" per esprimersi attraverso la sintassi. Portando un'ulteriore prova a supporto di chi sostiene che esista una grammatica universale, forse un "istinto del linguaggio".
"Molto presto - spiega Aronoff - sono emerse nozioni come soggetto, verbo, complemento oggetto, che vengono posizionate nella frase seguento uno stesso ordine". I ricercatori, che hanno pubblicato lo studio oggi su Pnas (rivista della National academy of sciences statunitense), sono convinti che il linguaggio dei segni sia nato spontaneamente tra i membri sordi della comunità senza influenze esterne. Infatti la struttura grammaticale ricorrente non è quella dell'arabo, la lingua parlata dai membri sani della comunità, né delle altre lingue con cui il gruppo può essere entrato in contatto. L'arabo, come l'italiano, vedeil soggetto seguito dal verbo e poi dal complemento oggetto, mentre il linguaggio dei segni dei beduini fa seguire al soggetto, il complemento oggetto e infine il verbo.
"Ci aspettavamo - dice Aronoff - che ai suoi primordi un nuovo linguaggio si limitasse a utilizzare un insieme di segnali per definire oggetti, azioni, persone. E invece abbiamo scoperto che già la seconda generazione di persone che lo parlano si esprime attraverso una struttura grammaticale ricorrente. Questa codificazione permette di liberare il linguaggio dal contesto: per esempio, se un linguaggio non ha un ordine convenzionale, la frase "Kim Jan parla", risulterebbe ambigua. Le regole sintattiche semplificano la comunicazione".
E questa semplificazione, come mostrato anche da altri studi, non sarebbe solo frutto dell'esperienza e della cultura, ma sembrerebbe avere anche delle basi biologiche.
Vi sarebbe dunque un'innata predisposizione all'uso di una grammatica che, fino a dimostrazione contraria, rimane una prerogativa unicamente umana.
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