Il Mattino 19.2.05
IL «CASO» DAN BROWN
Codice da Vinci, il business dei pro e contro
Maria Vittoria Vittori
Mentre a Parigi si stanno effettuando le riprese del film hollywoodiano tratto dal Codice da Vinci che vede Tom Hanks come protagonista, sembra proprio che l’epidemia innescata da Dan Brown stia conoscendo, al pari dell’influenza, il suo momento di gloria. Nelle classifiche resiste impavido al secondo posto; il suo gemello di lusso, ovvero l’edizione illustrata, permane al quarto posto; nella saggistica è ben posizionato La verità sul Codice da Vinci di Bart D. Ehrman, mentre nel reparto «varia» s’affacciano altri due titoli «browniani», Il Codice da Vinci: verità e menzogne (Armenia) del teologo americano Darrell L. Bock e I segreti del Codice (L’età dell’Acquario) del giornalista Simon Cox. Fresca di stampa, la Guida completa al Codice da Vinci (Vallardi) di Michael e Veronica Haag. Insomma, sembra proprio che occuparsi a vario titolo di Dan Brown sia impresa largamente remunerativa. Del resto l’autore doveva averlo messo in conto, questo putiferio mediatico; e prima ancora che gli studiosi si divertissero a smascherare le sue ingegnose invenzioni, si è divertito anche lui, fondendo nella figura di Leigh Teabing, «autorevole storico britannico» alla ricerca del Graal i due autori del libro Il Santo Graal, ovvero Richard Leigh e Michael Baigent (Teabing è l’anagramma di Baigent). Il più temibile tra i critici di Brown è senza dubbio Bart D. Ehrman, autorevole storico della Chiesa delle origini: il più temibile finora, occorre aggiungere, perché è già uscita in Spagna e ai primi di maggio uscirà anche da noi per Sperling & Kupfer un’ennesima Verità sul Codice da Vinci del giornalista José Antonio Ullate Fabo, che ha scovato nell’astuto thriller «la volontà sistematica di portare un attacco al cuore del cristianesimo». In fiduciosa attesa dell’Inquisizione, torniamo al nostro Ehrman che con cipiglio accademico punta il dito contro il libro di Brown, per indicarne errori e inesattezze, non senza aver premesso, in un afflato di sincerità che ce lo rende quasi simpatico, che «non sarà un grosso problema se la finzione si mescolerà alla storia. Ma a quelli di noi che dedicano la vita allo studio della storia, la cosa dà un po’ sui nervi». E poi, giù col piccone a demolire le tesi di Leigh Teabing: non è vero che è stato l’imperatore Costantino ad istituire il canone del Nuovo Testamento, non è vero che i vangeli gnostici presentano un Cristo dalla natura umana, e soprattutto non è assolutamente vero che Gesù ha avuto un legame con Maria Maddalena. Questo è il punto dolente: perché è proprio a partire dalla presunta unione di Gesù con Maria Maddalena, e dalla figlia che ne sarebbe nata, che s’innesta la parte più clamorosa e suggestiva del Codice, con il mistero del Graal, i Templari, il Priorato di Sion, gli enigmi di Leonardo da Vinci: ecco il motivo per cui ripetutamente l’autore martella i suoi lettori con esclamativi di questo tipo: «è sempre facile, per qualcuno - chiunque! - saltare fuori con un’affermazione speculativa o sensazionalistica su Gesù: Gesù era sposato! Gesù ebbe dei figli! Gesù era un mago! Gesù era gay!» Fortunatamente nell’epilogo Ehrman si rilassa e ammette due cose importanti: la prima, che il Codice da Vinci è riuscito a suscitare la curiosità generale per una serie di questioni storiche, la seconda, che è un’opera di fantasia. E allora, se il romanzo ha già assolto una sua funzione culturale, c’era proprio bisogno di istruire il processo alla fantasia? Ma lasciateli divertire questi poveri lettori! Lasciateli andare in pellegrinaggio da Parigi a Londra, dalla Chiesa di Rosslyn all’Opus Dei: per la ricerca fai da te del Santo Graal c’è ora una minuziosissima guida che si occupa di tutto, dal femminino sacro agli orari del Louvre. Che dire? Trattasi di sfrenato sfruttamento editoriale, non senza conseguenze: sempre più il Codice va perdendo l’inquietante aura del thriller per assumere i familiari contorni di un ben pasciuto maiale: di cui, com’è noto, non si butta mai niente.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»