giovedì 4 settembre 2003

Aspesi su Buongiorno, notte, dopo l'anteprima per la stampa di ieri sera

Repubblica prima pagina e p. 38, 4.9.03
Presentato "Buon giorno notte", il film di Marco Bellocchio sul rapimento del leader dc
Venezia rivive la tragedia Moro
Prima proiezione ieri sera per "Buongiorno notte", film sul sequestro del leader della Dc
I giorni bui del rapimento Moro rievocati da Marco Bellocchio
Il racconto ci riporta nelle tenebre amare di quei tragici 55 giorni del 1978
Il regista evita il complottismo e parla di uomini e donne che si fecero terroristi
di NATALIA ASPESI

VENEZIA – «Presidente, ha capito chi siamo». «Ho capito chi siete». Nell´appartamento buio, dalle finestre chiuse, tre giovani hanno appena trascinato una grande cassa, l´hanno schiodata estraendone un grosso fardello. Uno di loro ha i grossi baffi di Mario Moretti ed è Luigi Lo Cascio, il ragazzo dallo sguardo dolcissimo di "La meglio gioventù", che qui ha il volto duro della determinazione e del comando. Si vede quasi niente ma noi sappiamo che quel fardello è Aldo Moro, e che quei giovani sono i suoi sequestratori.
Dietro alla parete di libri c´è un vano cieco, la prigione preparata per il prezioso prigioniero. Questa che è una delle prime scene del film più atteso in concorso alla mostra, "Buongiorno notte" di Marco Bellocchio, è anche all´inizio del libro scritto dalla brigatista Anna Laura Braghetti "Il prigioniero", a cui si ispira il personaggio di Chiara, che ha il bel volto di Maya Sansa. Ed è con i suoi occhi che lo vediamo, quando insonne, mentre compagni dormono sulle poltrone, si alza, apre lo sportello e guarda spaventata e incredula: ecco il più importante uomo politico italiano, il presidente del più potente partito italiano, la Democrazia Cristiana. Ecco Aldo Moro nell´ombra, che dorme in una posizione quasi fetale che ricorda quella di quando, cadavere, sarà ritrovato nel portabagagli dell´auto. Finalmente vediamo il film tenuto più nascosto, circondato dal più tenace silenzio, "secretato", come si dice nel gergo ufficiale dei documenti scottanti e rivelatori. Con la sua grande, severa capacità evocativa Marco Bellocchio, ci riporta nelle tenebre amare di quei tragici 55 giorni del 1978 in cui, dal suo rapimento il 16 marzo al suo assassinio il 9 maggio, Aldo Moro, fu tenuto prigioniero dalle Brigate Rosse. Ma ce li racconta nel chiuso quasi claustrofobico del sentimento di potenza e smarrimento dei sequestratori: soprattutto attraverso il labirinto in cui si perde l´esistenza di Chiara, che come tanti terroristi conduce una doppia vita, ambedue vuote nella loro apparente normalità: da una parte un lavoro, un ufficio, dei colleghi e un ragazzo che pure intuisce il buio che acceca i suoi gesti, dall´altra l´irrealtà invece così concreta, del vivere con i compagni di lotta in una anonima casa-carcere come una famiglia incatenata e dilaniata nei riti della quotidianità. Il cibo, il sonno, le chiacchiere e poi gli interrogatori al sequestrato mentre si scivola nella sempre più ansiosa consapevolezza che qualunque fine sarà una catastrofe. Giorno dopo giorno Chiara e gli altri si trovano a dover subire come fosse il prologo di una condanna, la convivenza con un prigioniero tanto più grande nella sua mitezza, abilità politica e disarmata umanità, di loro e del nemico del popolo immaginato nei loro deliri rivoluzionari.
Gli eventi li vediamo attraverso lo sguardo e i pensieri di Chiara, che come tanti ragazzi della sua generazione, non sa o non vuole vedere la realtà né ascoltare quei suoi stessi dubbi, quelle angosce che potrebbero incrinare le sue certezze ideologiche. Altri film hanno già raccontato di quella tragedia che rivelò al paese incredulo, quanto fossero forti le Brigate Rosse, quanto diffuse e abili, tanto da riuscire in un´impresa che pareva impossibile, quanto crudeli, tanto da ammazzare, spietatamente, in quella occasione, i cinque agenti di scorta. Nell´ ´86 Giuseppe Ferrara diresse "Il caso Moro", dal libro di Robert Katz, con un grande Gian Maria Volontè nel ruolo dello statista, un docudrama che prendeva in considerazione una congiura di poteri forti (dalla P2 ai soliti Servizi Segreti): il 9 maggio scorso, 25 anni dopo l´assassinio di Aldo Moro, è uscito "Piazza delle Cinque Lune" di Renzo Martinelli, e anche qui complotti su complotti, questa volta orchestrati dalla Cia.
Quel film non è spiaciuto a Maria Fida Moro che nella prefazione al libro di Gremese ha scritto: «Mio padre era tra coloro che incarnano il bello, il buono e il vero. Proprio per questo è ancora più ingiusto il tentativo di cancellarlo dal cuore degli uomini e dalla storia del nostro paese. E dopo questo film sarà ancora più difficile». Il nipote Luca, che al tempo del rapimento aveva 2 anni, per il film di Martinelli ha scritto una canzone che interpreta.
"Buongiorno notte", con Luigi Lo Cascio, e Roberto Herlitzka nel ruolo di Moro, evita il complottismo, del resto smentito storicamente dagli stessi brigatisti e dalle ultime ricerche documentali, e parla di uomini e donne qualsiasi, che in quel momento storico si fecero terroristi inseguendo le ossessioni rivoluzionarie d´epoca, così diverse da quelle dei terroristi globalizzati di oggi. Giovanni Moro, figlio di Aldo, ha scritto il suo parere sul nuovo film e le sue parole verranno lette oggi alla conferenza stampa.
Certo Moro fu ucciso e la rivoluzione non ci fu. E dei brigatisti che di quell´assassinio furono responsabili, uno è morto in cella per malattia: degli altri alcuni sono in semilibertà, altri completamente liberi: lavorano, dipingono, scrivono. Vivono.