giovedì 4 settembre 2003

Repubblica on line 4.9.03, ore 15.00

Grandi applausi e consensi per il film del regista in concorso
"Mi interessava raccontare la storia delle persone"

Bellocchio: "Non è un film storico
ho raccontato Moro e i terroristi"

Standing ovation di 5 minuti durante la conferenza stampa
Apprezzamenti sono arrivati anche dai parenti delle statista

dal nostro inviato Alessandra Retico

VENEZIA - Un applauso lungo e commosso, come quello che ieri sera è scrosciato alla fine della proiezione riservata ai giornalisti, ha accompagnato l'ingresso in conferenza stampa di Marco Bellocchio e del cast di "Buongiorno notte", in concorso alla Mostra di Venezia. Una standing ovation durata oltre cinque minuti e che sembrava riportare l'eco di uguali applausi che ieri sera hanno salutato sui titoli di coda il film, mentre scorrevano sullo schermo le immagini di repertorio del funerale di Aldo Moro con il Papa Paolo VI e la classe politica schierata, da Craxi a Berlinguer, da Andreotti a Lama, da Zaccagnini ad Almirante.

"Ma non volevo fare un film politico o storico, non cercavo le motivazioni e le ragioni e del sequestro dello statista democristiano" spiega Bellocchio ai cronisti. "Mi interessava piuttosto la vicenda un umana, di Moro ma anche dei suoi carcerieri, in particolare la lotta interiore vissuta dal personaggio di Chiara (interpretata dalla brava Maya Sansa e il cui personaggio deriva dal libro di Anna Laura Braghetti, Il prigioniero, da cui il film è liberamente tratto) che pur credendo nelle ragioni della lotta armata si scopre a "sognare" la liberazione di un leader che sente anche persona e uomo e che tiene segregato in casa. Per raccontare questo ho dovuto tradire, essere infedele alla cronaca, smentire la tragica fatalità del sequestro e dell'uccisione barbara di Moro".

Legati alla loro missione ideologica, i carcerieri di Moro (interpretato da Roberto Herlitzka) raccontati da Bellocchio sono prigionieri loro stessi: di se stessi e di un sistema che vogliono rivoluzionare ma che li "usa". Un sequestro che è affare di Stato, ma che dalla prospettiva del tetro appartamento di via Gradoli dove i brigatisti detengono lo statista, tutto è insieme più piccolo e umano, la quotidianità della doppia vita dei carcerieri, attraversata dal sonno, il cibo, Raffaella Carrà alla tv, è persino "dolce" e insieme tragica. Chiara spia Moro, e lo sogna che libero passeggia per casa. "E' un ricordo legato alla mia infanzia - rivela Bellocchio - quando da piccolo vedevo mio padre (al quale il film è dedicato, ndr) che passeggiava in casa e vegliava sul nostro sonno". Moro che scrive lettere d'addio "alla dolcissima Noretta", che pensa al nipote Luca di due anni che non capirà il perché, che scrive a tutti, compreso al Papa Paolo VI, per "colpire" al cuore e invitare il governo a trattare ma che risponde con un ineluttabile "liberate Moro incondizionatamente".

Lo statista, uomo sereno e rassegnato, che riconosce nel gruppo dei brigatisti una donna ("l'ho capito da come sono piegati i calzini"), fa breccia nel tormento di Chiara che sul comodino tiene, accanto a Marx ed Engels, le "Lettere dei condannati a morte della Resistenza". "Quelle lettere sono una delle chiavi di interpretazione possibili del film - dice Bellocchio - per dire dell'uguale tragicità degli assassini dei partigiani e di Moro".

L'aria tormentata di quegli anni "l'ho evocata anche grazie alle musiche - spiega il regista - in particolare a quelle dei Pink Floyd: non appartenevano alla mia cultura, ma mi hanno spiegato che proprio in loro era racchiusa tutta la tragicità e la disperazione di quegli anni". Mariano (Luigi Lo Cascio), Ernesto (Pier Giorgio Bellocchio), Primo (Giovanni Calcagno) - ossia i brigatisti Maccari, Gallinari, Moretti - si fanno il segno della croce nell'ultima cena prima dell'esecuzione. Chiara intanto ha un altro sogno, Moro esce di casa, passeggia per le strade, si riprende la vita.

"Sono persuaso che la compresenza nel film di due opposte conclusioni - la libertà e la morte - corrisponda a quanto fu vissuto dal prigioniero e insieme metta in luce in modo pacato ma netto il nodo, ancora non sciolto, di quella vicenda anche dal punto di vista storico, politico e giudiziario" recita una lettera del figlio dello statista, Giovanni Moro, indirizzata a Giancarlo Leone, amministratore delegato di Rai Cinema, per ringraziarlo dell'invito all'anteprima del film "che ho apprezzato". "Non sono un critico cinematografico - continua la missiva - ma mi viene da dire che questo è un caso in cui una creazione artistica è stata capace, proprio restando tale, di accrescere la conoscenza della realtà".

Che la "storia" e la cronaca sia tutto sommato marginale, spiega ancora il regista, al film, lo dice il fatto "che siamo partiti da molto lontano, da fuori il covo di via Gradoli. Ciò non significa che non ci sia una documentazone alla base di Buongiorno notte: "Il libro della Braghetti, ma anche Flamini e Sciascia". Conferma il "tradimento" cronachistico Maya Sansa: "Non conoscevo chi sarebbe stata Chiara, la sceneggiatura è stata tenuta segreta fino all'ultimo. E io conoscevo poco di quel periodo, mi sono documentata ma alla fine ho capito che Chiara e la storia di Bellocchio sarebbe stata molto diversa da un'indagine storica. E' un viaggio introspettivo, un percorso , in parte schizofrenico quello del mio personaggio, che deve fare i conti con una grande passione rivoluzionaria e la quotidianità dolorosa del suo essere carceriera di un uomo che sogna libero".

"Un'esperienza interiore" per Roberto Herlitzka , "ho sposato subito l'impronta del film. Nulla di indagatorio e politico, ma d'atmosfera, sentimento, partecipazione emotiva a una tragedia personale. Mi sono emozionato sul momento e ho dato la mia partecipazione piccola e personale a una tragedia molto più grande di me".