domenica 7 settembre 2003

Il Messaggero

Il Messaggero 7.9.03
Uno schiaffo alla rinascita del cinema italiano
dal nostro inviato Fabio Ferzetti

Venezia
PATATRAC. Era l’anno dei film sul Padre e il nostro era il più bello di tutti. Ma invece del caso Moro riletto da Bellocchio con gli occhi del mito e dell’immaginazione, il leone d’oro è andato a un film russo, sempre molto bello in verità. Dove un altro Padre, che stavolta è pure un padre carnale, viene messo a morte (involontariamente?) dai suoi due figli.
Perde dunque l’episodio storico, sia pure sottratto alla dittatura dei fatti e reinventato con poetica libertà; vince la parabola fitta di simboli, di allusioni, di preziosismi visivi. E soprattutto aperta alle più varie interpretazioni. Un caso, una beffa, un’ingiustizia? Magari Il ritorno è più vicino alla sensibilità internazionale, meno legato alla conoscenza puntuale di fatti e dilemmi di casa nostra (difatti ha vinto pure il prestigioso De Laurentiis per l’opera prima). Ma vista con occhi italiani la mancata vittoria di Buongiorno notte resta uno scandalo, un abbaglio, una sciocchezza.
C’era l’occasione di premiare un grande cineasta che dai Pugni in tasca a oggi ha compiuto un tortuoso itinerario personale e politico; si poteva riconoscere la grandezza di un film che fa piazza pulita di indagini e dietrologie per tornare all’essenziale e svelare, scavando nell’intimo dei protagonisti, tutto ciò che si agita dietro i proclami, le ideologie, le farneticazioni di un terrorismo che oggi ha cambiato volto ma non è certo scomparso. Invece, niente. Solo un premiolino quasi offensivo alla sceneggiatura. Come se il primo merito di Bellocchio non fosse proprio quello di restituire leggerezza e trasparenza all’inestricabile caso Moro concentrandosi su un pugno di personaggi, di spazi, di conflitti interiori, e usando i corpi, i volti, lo spazio, come solo un grande regista sa fare.
Nessun riconoscimento nemmeno agli attori, Roberto Herlitzka e Maya Sansa, cui spettava il difficile compito di dar vita a personaggi tutt’altro che aderenti ai loro modelli. In compenso, coppa Volpi all’istrionico Sean Penn, bravissimo per carità, in un film che gronda retorica. Niente al grande protagonista del polacco Pornografia (scrivemmo lo stesso, un paio d’anni fa, di un grandissimo interprete rumeno: ci vorranno anni perché gli attori centro ed est-europei tornino a vincere premi). Mentre fra tanti film medi o deludenti la giuria ha riconosciuto, come giusto, l’incontenibile talento di Takeshi Kitano; e ha premiato lo sberleffo alle frontiere di uno dei tanti film che abbiamo perso per colpa dei nuovi orari demenziali, il libanese Le cerf-volant .
Vanno meglio i premi di Controcorrente, che resta un concorso di serie B, come prova già la giuria di minor prestigio. E non si capisce perché non fossero in serie A i film di Sofia Coppola, di Lars Von Trier, dell’iraniano Jalili. E quello del curdo Hiner Saleem, Vodka Lemon , che ha vinto a mani basse con questa commedia surreale girata nell’Armenia innevata, parlata in tre lingue e impreziosita da una lieve ironia. Confinato all’ultimo giorno, era tra i migliori film di una Mostra avara di scoperte. Dalla quale riporteremo a casa, oltre ad alcune immagini, non molte, quanto dice Shimon Peres a Oliver Stone in Persona non grata: «Insegnare la Storia è pericoloso. E’ scritta col sangue. In fondo tutto ciò che impariamo è come dimenticare. Ai giovani dobbiamo insegnare a usare più l’immaginazione e meno la memoria». Proprio come fa Bellocchio, guardacaso, con Buongiorno notte .

Per il regista “tradito” al festival ovazioni e bagno di folla in un cinema romano
«A Venezia preferisco il mio pubblico»
di Roberta Bottari

ROMA - La sua battaglia personale, Marco Bellocchio, l’ha vinta ieri sera. Un applauso interminabile e una folla davvero commossa hanno accolto il regista davanti al cinema Eden di Roma, dove proiettano Buongiorno, notte . Bellocchio e gli attori si sono presentati con semplicità, senza glamour. Il regista e Roberto Herlitzka sono arrivati con le loro giacche di lino e l’aria spiegazzata, Maya Sansa con i jeans e la maglietta del film. Ma non erano così lontani dalla passerella della Mostra di Venezia come si sarebbe potuto pensare. E, quando dopo più di dieci minuti di applausi, il pubblico ha gridato: «Avete vinto voi», l’emozione si tagliava a fette.
Dentro il cinema è stato un tripudio. Gli spettatori che avevano appena visto Buongiorno, notte hanno dedicato al regista e al cast una vera e propria standing ovation. «Siamo qui - ha detto Marco Bellocchio appena è riuscito a prendere la parola - perché ci sentiamo più a nostro agio con il pubblico che al Lido. D’istinto, abbiamo preferito essere qui con voi, piuttosto che a Venezia, per ritirare un premio, di per sé dignitosissimo, che però non ci rappresenta. Al contrario, sono molto contento dei riconoscimenti arrivati dalle giurie di giovani. Si tratta di ragazzi che quando è stato rapito Moro non erano nemmeno nati. Forse tutto ciò vuole dire che è arrivato il momento di fare i conti con quella pagina di Storia. D’altronde, sono convinto che la crisi della Prima Repubblica sia iniziata proprio dall’omicidio di Aldo Moro».
E la delusione per il mancato Leone d’oro? «Se si sceglie di partecipare a una gara, bisogna anche accettarne le regole. Ma - ha ammesso il regista - sento una piccola amarezza nel cuore. Non ho visto gli altri film, quindi su questo argomento non posso aggiungere altro. Certo, alla Mostra siamo stati accolti molto bene sia dal pubblico, sia dalla critica, ma poi le cose sono andate diversamente. Maya Sansa e Roberto Herlitzka hanno vinto il Premio Pasinetti: lo ritireranno in un’altra occasione. Lo ripeto: mi sento molto più a mio agio qui, in una sala cinematografica a parlare con la gente che ha visto il mio film, che a Venezia».