domenica 20 marzo 2005

biologi e neurologi anglosassoni
le connessioni tra i neuroni

Corriere della Sera 20.3.05
Le connessioni non sono casuali: prevalgono le più forti

La scoperta appena pubblicata sull’ultimo numero dell’autorevole mensile elettronico «Public Library of Science Biology» sull’organizzazione anatomica e funzionale della corteccia cerebrale sconvolge non pochi preconcetti. Un’équipe mista, inglese e americana (del Cold Spring Harbor Laboratory, nello Stato di New York, del Dipartimento di Biologia e del Volen National Center for Complex Systems, della Brandeis University, a Waltham, Massachusetts, e del Wolfson Institute for Biomedical Research e il Dipartimento di Fisiologia dell’University College, a Londra), guidata da Dmitri B. Chklovskii, ha scoperto che le connessioni tra i neuroni non seguono uno schema casuale, ma sono pilotate da un piccolo numero di connessioni forti. Le parole testuali di questi autori sono: «La rete di connessioni della corteccia cerebrale deve essere concepita come uno scheletro di connessioni forti in un mare di connessioni deboli». Occorre fare un passo indietro, per apprezzare la novità di questa scoperta. Il passo è che, in media, nel cervello di un mammifero, uomo compreso, ogni neurone è in contatto con mille altri neuroni, ma vi sono anche molti neuroni che sono in contatto con centomila altri neuroni. Il numero totale di contatti tra neurone e neurone (chiamati in gergo tecnico sinapsi) in un cervello umano è 1 seguito da ben quattordici zeri (un milione di miliardi). Nessun sistema nell’universo è complesso quanto un cervello umano (ma nemmeno quanto il cervello di un topo). Nemmeno i più potenti calcolatori si avvicinano a questo record naturale.
SINAPSI - Supponiamo pure che ogni contatto, ogni sinapsi, «conti», in qualche modo, nel funzionamento di ogni singolo cervello e che una qualche minima diversità tra le mie e le vostre sinapsi faccia sì, per esempio, che io ricordi cosa ho fatto ieri, mentre voi ricordate cosa voi avete fatto, che voi riconosciate vostra zia, mentre io riconosco la mia. E’ ovvio che il patrimonio genetico della nostra specie basta solo a precisare una infima minoranza di questi contatti, diciamo l’anatomia globale del cervello e alcune direttive di massima su come stabilire questa immensa rete. Tutto il resto è frutto, in parte, dell’esperienza individuale e in parte di fattori spontanei e aleatori che hanno sì dei nomi, ma non una vera teoria. I nomi sono «rumore dello sviluppo», «leggi della forma», «auto-organizzazione», «stabilizzazione selettiva» e altri ancora.
FASI - Fino ad ora, l’idea prevalente era che sbocciassero a caso mille e mille fiori (si creassero spontaneamente tante sinapsi) e che poi sopravvivessero solo quelle che venivano attivate spesso nel tempo. Se così davvero fosse, si dovrebbero osservare nelle prime fasi di sviluppo della corteccia cerebrale tutti i tipi di contatti possibili, con la stessa frequenza statistica. I tipi di contatti possibili tra tre neuroni sono tredici, tra quattro neuroni centonovantanove e così via, in un crescendo esponenziale. Ebbene, Chklovskii e collaboratori hanno definitivamente mostrato che questa idea è falsa. Con l’osservazione diretta e con modelli matematici sofisticati si è potuto concludere che solo poche delle possibilità di contatto tra neurone e neurone sono veramente presenti e sono loro a fare la parte del leone, cioè sono loro a pilotare lo sviluppo dell’intero sistema. Guarda caso, questi «moduli» di connessione sono anche quelli entro i quali i segnali nervosi sono più intensi, ma viene prima la gallina dell’uovo, cioè prima si creano queste connessioni robuste (lo scheletro o impalcatura, secondo le metafore usate da questi autori) entro le quali poi circolano intensi segnali nervosi. E’ l’inverso si quanto si era fino ad ora supposto. La domanda adesso aperta è: cosa determina la costituzione di questa impalcatura? La risposta ancora non è nota, ma si sa che questi «moduli» funzionali si ripetono e si ripetono in diverse parti del cervello, in ogni specie vivente, dall’umile verme al più intelligente essere umano.
MECCANISMI - Sono geneticamente determinati, oppure sono il frutto di meccanismi cellulari e inter-cellulari spontanei, di un qualche principio di organizzazione che emerge quando un apparato come un cervello si sviluppa? Forse l’opera dei geni, il lavorio raffinato del Dna, cavalca (per così dire) la tigre di fattori chimici fisici e organizzativi indipendenti, contribuendo solo, ma in modo cruciale, di volta in volta, a indirizzare il percorso della tigre in uno o due tra i possibili sentieri. Il matematico inglese Alan Mathison Turing, più noto per la sua teoria degli automi, aveva anche pubblicato un articolo teorico, oggi rispolverato, sui principi dello sviluppo dell’embrione. In essenza, una delle sue riflessioni era che l’evoluzione darwiniana classica può solo selezionare la struttura più adatta tra quelle che possono esistere. Non può certo selezionare delle strutture anatomiche e fisiologiche che la fisica e la chimica della vita escludono come impossibili. In tempi più recenti, simili considerazioni sono state ribadite con forza da due grandi evoluzionisti: il compianto Stephen Jay Gould e Richard Lewontin. Un semplice esempio, da loro spesso usato a lezione, è che nessun gene specifica la forma delle nostre ascelle. La dinamica dello sviluppo delle braccia e del torso, e i fattori genetici che pilotano questo sviluppo, producono inevitabilmente anche le ascelle. Nessun gene in un batterio determina la sua forma (grosso modo) sferica in condizioni di riposo. Il batterio la assume perché la sfera ha la massima superficie a parità di volume. Il Dna non determina le leggi della geometria, nè quelle della fisica, ma le sfrutta in modo abile. Il succo dell’articolo di Chklovskii sull’impalcatura modulare del cervello è che qualcosa di simile potrebbe essersi verificato anche per la corteccia cerebrale, la parte più nobile del cervello. Si tratta ora di scoprire quali leggi determinano l’impalcatura, un compito non facile. Abbiamo sentito dire, fino alla nausea, che l’evoluzione darwiniana ha scolpito il cervello delle diverse specie secondo la legge della sopravvivenza del più adatto. E che la nostra intelligenza, il prodotto del nostro cervello, è il risultato di questa lenta evoluzione. Probabilmente, ma selezione di che cosa?
POSSIBILITÀ - L’evoluzione non ha pescato in un mare di contatti deboli, tra tutte le possibilità casuali, ma ha piuttosto colto al volo una buona impalcatura tra le poche possibili, già ben organizzate da altri tipi di forze naturali. Due illustri immunologi, Antonio Coutinho e Pierre-Andrè Cazenave, amano raccontare la seguente istruttiva barzelletta. Pinocchio chiede a Geppetto: "Babbo, come mai i sassi, quando cadono, vanno tutti in basso?". Geppetto, che è un darwiniano perfetto, risponde: "Semplice, perché tutti i sassi che tendevano ad andare in alto sono stati eliminati dall’evoluzione naturale milioni di anni fa".