A 20 anni con il Viagra per battere l’ansia
Kinsey, il sesso, le nuove trasgressioni
Come siamo cambiati: la libertà delle donne (che non credono più alla coppia) paralizza i loro compagni
Angela Frenda
1970 - Rivoluzione a letto. Sono gli anni del boom del sesso, in totale libertà, senza paure, senza tabù. Pasolini ne «I racconti di Canterbury».MILANO — Sono passati 57 anni dalla pubblicazione della sua prima ricerca, «Il comportamento sessuale dell’uomo», e 52 dalla seconda, «Il comportamento sessuale della donna». Ma il professor Alfred Kinsey, Prok per gli amici, continua a far parlare di sé. Dopodomani esce nelle sale italiane la cinebiografia dello zoologo-sessuologo dell’Indiana, per la regia di Bill Condon (già autore di «Demoni e Dei»), attore protagonista Liam Neeson (l’eroe di «Schindler’s list»).
Kinsey e i suoi rapporti oramai dovrebbero essere considerati preistoria, visto che negli anni sono usciti altri studi sull’argomento (da quello di Shire Hite a Masters and Johnson). Invece è stato sufficiente questo film per risvegliare i conservatori americani, che con picchetti e volantinaggi hanno cercato di boicottarlo, ritenendo Kinsey un eroe negativo. Polemiche molto simili a quelle che i due rapporti suscitarono nell’America perbenista degli anni ’50, quando si pensò che quelle teorie minassero le basi del matrimonio e della società. Mentre una commissione congressuale guidata dal senatore Mc Carthy ipotizzò che Kinsey facesse parte di un complotto comunista per indebolire i valori americani. Risultato: nel 1954 la Fondazione Rockefeller gli negò i fondi per altre ricerche. Ma intanto, grazie ai suoi rapporti, l’America cominciò a parlare di sesso. I due libri divennero bestseller e abbatterono molti tabù, aprendo le porte alla rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e all’accettazione dell’omosessualità.
Una vera sorpresa per questo scienziato, figlio di un pastore metodista, che dopo essersi specializzato nella ricerca sulle vespe delle galle arrivò a scoprire che, a partire da lui, i giovani americani degli anni ’40 non sapevano nulla di sesso. Intervistando 5.300 maschi e 5.940 femmine tracciò un quadro rivoluzionario per l’epoca: il 46 per cento degli uomini aveva avuto esperienze bisessuali; il 69 per cento era stato con prostitute; il 92 per cento praticava la masturbazione; le donne adolescenti sostenevano di avere tre rapporti a settimana; le trentenni almeno due a settimana, prima del matrimonio; il 29 per cento delle donne e il 21 per cento degli uomini confessava l’adulterio.
In Italia i due rapporti Kinsey furono portati da Valentino Bompiani, che ne comprò i diritti e li pubblicò rispettivamente nel 1950 e nel 1955. Entrambi accompagnarono una ventata di trasgressione, in un periodo in cui le donne italiane andavano ancora in prigione per adulterio. Soprattutto aiutarono a capire che di sesso anche gli italiani sapevano poco o niente. «Dopo il rapporto Kinsey, parlare di orgasmo divenne quasi una banalità — racconta l’avvocato matrimonialista Annamaria Bernardini De Pace —, e noi ragazze, che ci nutrivamo al massimo di giornaletti come Duepiù, finalmente riuscimmo a porci domande su argomenti considerati proibiti». Per la psicoanalista Vera Slepoj, l’effetto di quel rapporto sugli italiani fu ancora più profondo: «Modificò i comportamenti sessuali di uomini e donne, avviando una grande rivoluzione culturale». In più col rapporto Kinsey, secondo il sessuologo Willy Pasini, «i cattolicissimi italiani scoprirono che il sesso non era solo procreativo, ma poteva avere anche varianti normali o addirittura patologiche».
Ma che cosa hanno imparato le donne e gli uomini italiani da quei due rapporti? In realtà, interrogando gli addetti ai lavori, molto poco. Nel senso che se dal punto di vista tecnico e informativo si sa tanto, ora, della sessualità, dall’altro si assiste a una regressione dei sentimenti e dei rapporti interpersonali. Va peggio soprattutto per la generazione dei ventenni. Le ragazze pensano, secondo Bernardini De Pace, «che il rapporto sessuale è solo uno scambio, un modo di essere. Hanno conoscenza delle nozioni base. E usano il sesso con facilità estrema, senza prestare attenzione alla cura dei rapporti. Anzi, spesso abbandonando ogni progetto di coppia».
Risultato? Che i maschi ventenni si trovano davanti a un bivio. O «infarcire i rapporti di romanticismo, in modo da tenere sotto controllo la paura che provano per il sesso», spiega Slepoj. Oppure, secondo Pasini, «affrontare le coetanee ricorrendo ad aiuti farmaceutici. Non è un caso che io abbia sempre più pazienti ventenni che non riescono ad avere rapporti sessuali sereni con le loro coetanee. Troppa ansia, troppa paura di non essere all’altezza. Così mi chiedono medicine come il Cialis, che è il nuovo Viagra».
Ma non va bene neppure per la generazione dei trenta-quarantenni. «Le donne italiane di questa età — racconta Bernardini De Pace — banalizzano il sesso e hanno abbandonato il progetto di coppia. L’effetto, per quello che vedo dal mio osservatorio, sono matrimoni che vanno in frantumi grazie a donne che nella storia a due credono sempre meno e a uomini terrorizzati da un’eccessiva consapevolezza femminile». Che la vita sessuale degli italiani, dagli anni ’50 a oggi, non sia migliorata, lo sostiene anche Vera Slepoj, per la quale si può parlare addirittura di «un’involuzione. Perché se da un lato è aumentata la conoscenza, dall’altro non si conoscono gli strumenti giusti per vivere i rapporti in maniera matura. Le quaranta-cinquantenni hanno raggiunto solo una visione teorica del sesso. E gli uomini, spaventati da questa consapevolezza, sono attenti in maniera nevrotica al piacere femminile». Di questo è convinto anche Willy Pasini: «La sessualità delle donne italiane in questi anni è migliorata tecnicamente. Mentre quella degli uomini è solo peggiorata, perché sono paralizzati dall’ansia».