L'Unità 20.3.05
A Roma «Bella ciao» per dire «no war». Tensione con la polizia
Associazioni, centri sociali, Prc, Pdci e Verdi: sfilano in 15mila. «Verità e giustizia per Sgrena e Calipari». Vietato arrivare a Palazzo Chigi
Wanda Marra
ROMA La musica scandita dai tamburi, un gruppo di ragazze vestite in azzurro e arancione eseguono una coreografia scatenata e decisa. C'è anche la «Malamurga», danza di protesta argentina, nel corteo pacifista che ieri ha sfilato a Roma. Come ci sono le note di «Bella Ciao» e del «Pueblo Unido», il sound dei Centri sociali, la musica delle bande popolari. È stata una manifestazione rumorosissima e colorata quella di ieri nella Capitale, a due anni dall'inizio della guerra in Iraq, per chiedere ancora una volta il ritiro delle truppe, per dire l'ennesimo no alla guerra. Come a New York e a Bruxelles. Come in tutto il mondo. In Italia, però, la manifestazione indetta dai Cobas e dai Cub, da Action, dal Comitato per il ritiro dei militari in Iraq e da numerosi centri sociali, alla quale hanno aderito il Prc, il Pdci e i Verdi, ha anche un significato in più: chiede «verità e giustizia» per Giuliana Sgrena, chiede il perché della morte di Nicola Calipari. Così in testa al corteo c'è uno striscione che recita «Il 70% degli italiani vuole: ritiro delle truppe subito! L'Iraq agli iracheni», preceduto da un camion che mostra le foto dei bambini colpiti dalle cluster bomb, scattate dalla Sgrena, alcune di quelle mostrate durante la manifestazione per chiedere la liberazione dell'inviata del Manifesto. Ai due lati del camion, una frase commenta queste immagini eloquenti «Missione di pace».
Il corteo parte alle 15 e 20, mentre i fotografi fanno a gara per fotografare una bambina piccolissima su una carrozzina, che si guarda intorno un po' spaurita. Tra i circa 15mila manifestanti ci sono anche Paolo Cento dei Verdi, Elettra Deiana e Giovanni Russo Spena del Prc. E i Direttori di Liberazione, Piero Sansonetti, e del Manifesto, Gabriele Polo. «Siamo qui per manifestare contro la guerra che è la morte della politica e della democrazia, ma anche per chiedere di conoscere la verità su ciò che è successo la sera del 4 marzo, quando è stata liberata Giuliana. Temo però che non ce lo diranno mai», dichiara Polo.
Tantissime le bandiere dei Cobas, molte anche quelle della pace. E tante anche le bandiere rosse del Prc e del Pdci. E poi ci sono gli striscioni per il popolo curdo, come quelli che chiedono la pace in Medio Oriente. Sono moltissimi i giovani, in primis quelli dei Collettivi Studenteschi. «Noi paghiamo le tasse universitarie. E i soldi servono anche a finanziare la missione in Iraq», spiega Marco. Nutrito anche il gruppetto di americani contro la guerra. «Vogliamo ribadire che non tutti gli americani stanno con Bush», spiega Barbara. Tantissimi i bambini. E appare anche uno striscione tutto loro: «La vita è bella, ma non la guerra». Nel frattempo, i Disobbedienti dal loro camion, preannunciano battaglia. Infatti, era stata chiesta l'autorizzazione ad arrivare a Palazzo Chigi. Ma è stata negata. «Non accettiamo zone rosse. Vogliamo dare un segnale in questa direzione», spiega uno dei leader, Francesco Caruso.
Sono le 16 e 20, quando la testa del corteo arriva a Piazza Venezia. La presenza di forze dell'ordine schierate è imponente: presidiano tutta la piazza, ma in particolare sono concentrare all'imbocco di via del Corso, strada diretta per Palazzo Chigi. Il camion dei Disobbedienti si porta proprio davanti agli uomini schierati. «Stop stop stop the war», continuano a scandire i microfoni. E: «Questo è l'unico paese dove non si può manifestare sotto i palazzi del potere». In mezzo, i parlamentari presenti tentano una trattativa per convincere le forze dell'ordine a far passare il corteo. Ma non c'è niente da fare. I manifestanti spingono da una parte, vengono contrastati. C'è un breve fuggi fuggi, non succede niente. I Disobbedienti e gli altri che vogliono forzare il blocco sono troppo pochi. «Andiamo a Largo Argentina, e cerchiamo delle strade alternative», dice Guido Lutrario dal camion. Così in un migliaio si dirigono verso la fine del corteo autorizzato, a piazza Navona. Mentre percorrono Corso Vittorio arriva la notizia che qualcuno sta sotto Palazzo Chigi a manifestare. Molti si infilano nei vicoli del centro per raggiungerli alla spicciolata. In via degli Orfani, prima di Piazza Capranica, vengono bloccati dalla polizia. Anche se la Questura di Roma racconta che non c'è stata alcuna carica, i manifestanti raccontano che in realtà le cariche ci sono state, anche se leggere. Alla fine due gruppetti separati riescano ad arrivare sotto Palazzo Chigi, ai due lati di piazza Colonna, ma la polizia impedisce tutte le entrate alla piazza. Quando loro «festeggiano» l'obiettivo centrato cantando «Bella ciao», sono quasi le 19.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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