domenica 20 marzo 2005

donne nell'Islam

Corriere della Sera 20.3.05
Dopo Amina Wadud a New York, ecco le altre predicatrici musulmane
La riscossa illuminista delle donne imam
di MAGDI ALLAM

È esplosa la rivoluzione delle donne dell’Islam. L’americana Amina Wadud, la prima donna imam nella storia dell’Islam dall’epoca del profeta Mohammad (Maometto) 1.400 anni fa, rappresenta molto più di una riformatrice del culto perché la sua predicazione investe aspetti qualificanti della teologia, così come la sua figura trascende l’ambito squisitamente religioso perché abbraccia quello giuridico, culturale e politico. (Nella foto, a sinistra, la predicatrice Fariha al Jerrahi) Si tratta di un autentico rinnovamento dei valori fondanti della persona umana che scaturisce all’interno stesso dell’islam. Grazie alle donne.
E che, in concomitanza con i fermenti democratici esplosi in Medio Oriente, dà una spallata forte al pensiero teocratico, misogino e assolutista. Esprimendo il riscatto della società civile musulmana dall’infamia dell’11 settembre, l’apoteosi dell’orrore del terrorismo islamico e il frutto più deleterio della cultura della morte. Perché il 18 marzo 2005, con l’immagine di una donna musulmana che guida la preghiera collettiva mista, simboleggia l’inizio di un risorgimento islamico all’insegna della riscoperta del diritto individuale, del recupero della ragione e della conquista della libertà. Paradossalmente l’islam, proprio perché si basa sul rapporto diretto tra il fedele e Dio e disconosce la figura del sacerdote, del clero o di un papa, consente in virtù dell’interpretazione anche arbitraria dei singoli sia la deriva terroristica sia la riscossa illuminista.
Non si era mai visto nulla di simile in un luogo di culto islamico.
Prima una giovane donna di origine egiziana, Suheyla al-Attar, senza copricapo, che recita l’azan, l’appello alla preghiera, intonando con voce stupenda l’invocazione «Allahu Akbar!», Dio è l’Altissimo! Poi la cerimonia officiata dall’afro-americana Wadud, che porta il velo per propria scelta, davanti a file miste di fedeli dei due sessi, un fatto inedito nei luoghi di culto islamici. La stessa Wadud ha infranto un altro tabù quando ha pronunciato la khutba, il sermone: «Mentre il Corano pone uomini e donne sullo stesso piano, gli uomini hanno distorto i suoi insegnamenti per lasciare alle donne l’unico ruolo di partner sessuale». La Wadud, docente di islamistica alla Virginia Commonwealth University, si è spinta fino a contestare l’interpretazione tradizionale dell’identità di Dio, definendolo sia come «lui», sia come «lei», sia infine come «esso» perché, ha precisato, «dal momento che Allah non è creato, allora non può essere sottomesso o limitato da caratteristiche create quali il genere maschile, femminile o neutro». Alla cerimonia ha preso parte una terza donna, Saleemah Abdul-Ghafur, che ha guidato la recita del zikr, il ricordo di Dio. Una gestione della preghiera tutta al femminile che ha consacrato, per la prima volta nell’islam, la parità tra i due sessi sul piano cultuale, religioso, ideale e politico.
E che ha avuto una prima importantissima benedizione del gran mufti d’Egitto, lo sheikh Ali Gom’a. In un’intervista alla televisione Al Arabiya , il mufti, che è il massimo giureconsulto islamico del Paese, ha sentenziato: «La maggioranza dei teologi non consente a una donna di svolgere la funzione di imam per i fedeli maschi. Ma alcuni teologi, quali Al Tabari e Ibn Arabi, lo consentono. Ebbene quando non vi è concordanza su tali questioni, la decisione spetta ai diretti interessati. Se loro accettano di farsi guidare nella preghiera collettiva da una donna, sono fatti loro». Il responso del mufti non è però condiviso né dallo sheikh di Al Azhar, la più prestigiosa università islamica, né tantomeno dal radicale sheikh Youssef Qaradawi dei Fratelli Musulmani. Alla base dei loro veti c’è la sessuofobia: la donna non può fare l’imam perché il suo corpo ecciterebbe gli uomini che le stanno dietro. Il fatto che la Wadud sia stata costretta a fare svolgere la preghiera musulmana in una chiesa, la dice lunga sull’ostilità dei gruppi integralisti che controllano la gran parte delle moschee.
Comunque Wadud non sarà l’unica donna-imam. Salmi Kureishi, britannica di origine kenyana, ha annunciato che tra due mesi officerà la preghiera collettiva in una moschea di Londra anche se di fronte a un pubblico di donne e bambini. La sheikha Fariha al Jerrahi, americana, direttrice della confraternita sufi Jerrahi-Halveti, conduce la preghiera delle adepte donne.
E’ significativo il fatto che è nell’America di Bush che si registra l’evento della prima donna-imam, da quando il profeta Maometto autorizzò una sua compagna, Umm Waraqa, a guidare la preghiera presso la sua comunità. Perché è da quest’America profondamente segnata dall’esperienza e dalla paura del terrorismo islamico che è partita sia la rivolta contro i regimi tirannici sponsor del terrore sia la riforma interna dell’islam. Si tratta di un fenomeno epocale reso possibile, piaccia o meno, dalla poderosa reazione militare e dalla forza dei valori che, al di là di tutte le legittime critiche, l’America incarna.