sabato 27 marzo 2004

Emma Bovary

Il Messaggero 27.4.03
Madame Bovary, l’amore estremo
di RENATO MINORE


Vale la pena ricordare alcune considerazioni di Alberto Moravia, raccolte in un'intervista da Nello Ajello, sull'autore di Madame Bovary : «Flaubert è troppo scrittore e poco narratore. Le due cose sono diverse. Io, per esempio, sono nato narratore: da bambino, quando ero solo, raccontavo dei romanzi a me stesso, ad alta voce, Ancor oggi qualcuno dice che scrivo male. Flaubert scriveva troppo bene, almeno in Madame Bovary ». E ancora: "Con la sua fissazione della parola, della perfezione formale, ha ammazzato il romanzo. Il romanzo non può essere basato sulla mera scrittura. Se si modifica una parola in una poesia la si distrugge. Il romanzo si fonda invece su delle strutture: se si cancella una parola non succede niente».
Il colpo di grazia inferto a Flaubert svela paradossalmente, sia pure in controluce, tutta la provocatoria, abbagliante grandezza di un personaggio come Emma: una figura, una forma in qualche modo sacra, oscenamente sacra nella sua sensualità. Proprio come la tensione che pervadeva il suo autore durante la stesura dell' opera: «Amo il mio lavoro con un amore frenetico e perverso, come un asceta il cilicio che gli raschia il ventre», scrive nel 1852 Gustave a Luise Colet, la donna con cui ha diviso sei anni di passione, ora preziosa confidente intellettuale. E' a Luise che lo scrittore rivela come gli ci vogliano «spesso molte ore per cercare una parola«, «cinque giorni per fare una pagina». Le parole somigliano a lettere di una preghiera, l'ossessione per esse è quasi vicina alla frenesia con cui i cabbalisti permutano in continuazione, nella Scrittura, l'impronunziabile parola di Dio. E d'altra parte la lucidità verso il presente non è da meno: «Nessun pensiero umano può prevedere a quali scintillanti soli psichici si schiuderanno le opere dell'avvenire, Nell'attesa, noi siamo in un corridoio pieno d'ombra, e brancoliamo nel buio. Tra la folla e noi, non c'è nessun legame. Tanto peggio per la folla; e soprattutto tanto peggio per noi».
Ma che fatidico anno il 1857: pubblicato a puntate sulla "Revue de Paris" tra l'ottobre e il dicembre del '56, Madame Bovary è accusato dal pubblico ministero Pinard di oltraggio alla morale pubblica, religiosa e ai buoni costumi. Flaubert viene assolto e l'opera esce in volume ad aprile. Il 25 giugno appare Le Fleurs du Mal e Pinard ci riprova, riuscendo a far condannare, ad agosto, Baudelaire e gli editori. L' intreccio tra Giustizia e Letteratura appare trionfalmente risolto dal poeta dello spleen, che recensendo il romanzo nell'ottobre di quell'anno scrive: «La magistratura si è dimostrata leale e imparziale come il libro che era spinto dinanzi a lei in olocausto(…) che fu data causa vinta alla Musa, e che tutti gli scrittori, almeno tutti quelli degni di questo nome, sono stati assolti nella persona di Gustave Flaubert». Ma qual' era l'oltraggio? E il "bovarismo" è davvero, come scrisse de Gaultier nel 1902, la «disposizione propria dell'uomo di concepirsi diverso da sé»? E se l'insoddisfazione della Bovary per la realtà, assieme a quella di Flaubert («Mi si crede innamorato del reale, mentre lo esecro») fossero la vera figura imbarazzante, scaturita da una dinamica di contrasto con la realtà assai vicina all'ascesi? I " Tre racconti " costituiscono l' ultimo libro pubblicato da Gustave, nel 1877: i rispettivi protagonisti Félicité, San Giuliano, Giovanni Battista sono figure della santità a tutto tondo, e insieme il prodotto quintessenziale di una strabiliante raffinatezza stilistica. «Senza l'amore della forma, sarei forse stato un grande mistico», aveva scritto nel 1852.
Fu in effetti il più grande mistico-scrittore d'occidente, capace di contrapporre la consistenza di una figura seducente, femminile (quasi potessimo abbracciarla, addirittura amarla) alla miseria del reale. Franco Cordelli ha scritto: «Il narratore viene da oriente, il romanziere dimora in occidente. Lo scrittore sta qui con noi, ma guarda da un'altra parte». E Moravia, narratore puro, ossia uno per il quale «la figura è sacra», intoccabile, percepiva forse questo incredibile "oltraggio" nell'inquietudine di Emma: un inammissibile corpo desiderante nato dalla parola.