sabato 27 marzo 2004

il convegno su
"Biologia moderna e visioni dell'umanità"

Galileo 27.3.04
BIOLOGIA E SOCIETÀ
Dialogo imperfetto
di Adriana Albini


Un equipaggio di 50 uomini salpato dalle Colonne d'Ercole a seguito di una violenta tempesta e finito sulla Luna: quelli narrati nel II secolo dopo Cristo da Luciano di Samosata sono forse i primi astronauti dell'umanità. La fantascienza ha quindi radici lontane e con essa le paure e i sogni suscitati dalla ricerca scientifica. È stato questo uno dei molti spunti offerti da "Biologia moderna e visioni dell'umanità", la conferenza organizzata dalla Commissione Europea e dal Gruppo Europeo per le Scienze della vita che si è svolta gli scorsi 22 e 23 marzo a Genova. Padrone di casa il rappresentante italiano del gruppo, Leonardo Santi, medico e biotecnologo, che ha riunito in questa occasione scienziati, filosofi, eticisti, cineasti, poeti, umanisti e politici.

Il confronto fra biologia e cultura umanistica al centro delle due giornate è stato declinato in quattro temi per altrettanti incontri: la fiducia nel progresso, la sfida e i limiti del riduzionismo, ricerca e democrazia, la fantascienza. Proprio la "science-fiction" (prima letteraria e poi cinematografica) può essere presa come una sorta di cartina di tornasole per per capire quali siano le paure e le aspettative del grande pubblico nei confronti della scienza. Come per esempio, "L'isola del Dottor Moreau", pellicola di Don Taylor (1977) che narra la storia di un uomo che su un'isola sconosciuta si dedica a strani esperimenti che trasformano animali in mostruosi esseri umanoidi.

Ma non è solo questione di sequenziare il genoma, scoprire nuove molecole, scovare cellule staminali nei tessuti, inventare nuove terapie e curarsi meglio. Le scienze biologiche influenzano la nostra visione dell'umanità e sono parte integrante di cultura, società, politica e fantasia. A sottolineare la preoccupazione e l'angoscia della crescente difficoltà di tener vivo il dibattito tra scienza e politica, tecnologia e democrazia è stato il poeta Edoardo Sanguineti. "Chi sono i mandanti dei ricercatori?". Lo scienziato, secondo Sanguineti, non può più ignorare le implicazioni socio-politiche e la responsabilità che ha verso il mondo con le sue invenzioni.

Su questo punto, l'incontro ha evidenziato la difficoltà di conciliare le richieste che provengono dalla società con le forti resistenze che ancora esistono nella comunità scientifica. A chi, come il sociologo della scienza italiano Massimiano Bucchi, ha auspicato un "ritorno della politica" cui spetterebbe sperimentare nuove strade per incorporare i temi scientifici nel suo dibattito, si è contrapposto per esempio il dogmatismo di Lewis Wolpert, biologo dello University College di Londra: che ha detto a chiare lettere di non aver mai sentito un bioeticista fare un discorso sensato, di considerare la scienza rigidamente distinta dalla tecnologia, di non vedere alcun problema etico nella clonazione umana e di pensare che "l'arte non abbia mai contribuito in alcun modo alla scienza, mentre la scienza ha contribuito molto all'arte". Più pacate e promettenti, per fortuna, le posizioni di altri come Steven Rose, neuroscienziato britannico, che ha sottolineato la necessità per i media di assumere un ruolo più critico e meno riverente verso gli scienziati e gli "esperti" di ogni ramo.