martedì 8 febbraio 2005

l'azione mostruosa: scissione corpo/mente

L'Arena Martedì 8 Febbraio 2005
La psichiatra
Cosa c’è dietro l’azione mostruosa
Bisogni primari irrefrenabili, mascheramento e scissione corpo-mente
di Sabina Cavicchiolo, psicoterapeuta


Un altro terribile omicidio, un altro atto di violenza dove le vittime sono donne con alle spalle probabilmente anni e anni di violenza di svariata natura: donne senza più radici, usate come merce di scambio prima e dopo. L’individuazione di Zenatti, agricoltore, quale killer di due prostitute del sudamerica, che svolgeva apparentemente una vita encomiabile (coniugato, con figli, ricco) eppure uccide. Una vita e un soma-mente scissi in due o una integrazione mascherata? La psichiatria e la psicologia non sono ancora riuscite a dare una definizione topologica di persone con una doppia personalità ben definita, quei soggetti chiamati «serial killer», alle quali si è cercato dare loro delle prerogative sociali-caratteriali ma ancora una volta smentite. Era stato focalizzato infatti che il serial killer, per esempio, non fosse coniugato ma il caso avvenuto a Verona ieri smentisce questo dato. Vorrei poter dare degli spunti psico-sociali anzichè tentare una spiegazione psico-diagnostica.
Ho pensato alle donne quali vittime: vittime del loro stesso corpo e, per associazione, cito una frase di Sartre (L'etre et le neant, 429) ; «il corpo è l’oggetto psichico per eccellenza, il solo oggetto psichico».
Se pensiamo che la follia è la sciccione nell’uomo, la sua «lontananza» dagli altri, la sua estraneità dal mondo, ritengo sia plausibile supporre che da un soma-psiche disgregato non sia possibile capire/comporre le parti per giustapposizione, ma recuperando quella operazione simbolica che non conosce confini con cui ogni scienza ha costruito la sua razionalità.
Da quando Socrate ha inventato il concetto e la equivalenza con se stesso, l’uomo occidentale ha perso l’ambivalenza del linguaggio per darsi a quella logica bivalente che, fondandosi sulla negazione interna al giudizio, articola quella separazione tra vero/falso, buono/cattivo, giusto/ingiusto. «Sono malato»: e in tutto ciò sta quel confine, quel taglio, quella scissione tra mente e corpo. Mi chiedo se Zenatti nel profondo del suo corpo, della sua anima (psiche), possa fare quello che di tanto spregevole ha fatto, proprio perchè segnato terribilmente da questa sbarra, tra il suo corpo e il corpo stesso delle donne da lui uccise: le donne probabilmente interiorizzate unicamente come «corpo» e come tale solamente oggetto di danneggiamento, di violenza e di uccisione.
Mi accorgo che tutto ciò non differisce poi tanto dalla seconda ipotesi e cioè dal «mascheramento». La maschera è uno dei temi chiave dell’opera di Ensor, pittore e incisore belga morto nel 1940. Le sue opere sono singolari in quanto sono una serie di maschere scandalizzate, e preannunciano tutta una serie di quadri in cui scheletri e autoritratti si mescolano. Per Ensor l’ossessione della morte unita alla visione caricaturale definisce la sua arte. Ma noi non dobbiamo dimenticare che l’allegoria simboleggiata ha un preciso significato: noi, spesso, siamo diversi da ciò che sembriamo.
Sotto questa ottica spetta proprio all’analisi esistenziale di cogliere l’uomo al di là delle sue apparenze, ma invece nel suo stesso spessore. Si tratta allora di penetrare nell’universo individuale della persona, di seguire e di ricostruire la sua esperienza fenomenica così come essa si dispiega nella storia della sua vita, non nel senso biografico ma nel senso di essere. Questo per insistere soltanto su un aspetto solo ma essenziale, per evitare quello che Flaubert chiama «la smania di concludere», cioè dalla messa fuori gioco del nostro incontenibile bisogno di trarre conclusioni, di farci un’opinione, di giudicare, tutte cose difficili a causa delle nostre abitudini intellettuali scientifiche. Invece di riflettere sul dato potremmo lasciare che il dato si manifesti così com’è. Il «così com’è» contiene tuttavia un problema deontologico e fenomenologico essenziale, perchè noi esseri umani limitati non possiamo acquisire informazioni sul «come» di una cosa soltanto in riferimento alla rappresentazione del mondo che guida la nostra comprensione della cosa.
Così si viene inevitabilmente a descrivere persone che mettono in atto in modo duale l’amore e l’odio e il proprio modo di «preoccuparsi», un modo plurale (la maniera in cui egli stesso è preso dalla propria influenza e dal rapporto interumano).
Da quanto esposto è possibile forse rilevare come attraverso le varie sfaccettature una personalità organizzi comunque la propria vita tramite, forse, un mascheramento della propria vera realtà interna a favore di una realtà «falsa» che mantenga una qualche illusione di sé. Oppure che davvero possa esistere in una personalità per così dire perversa una vera e propria scissione dove il vero e il falso non sono integrati. La falsità a questo punto diventa un bisogno compulsivo di vitale importanza proprio perchè attraverso il nascondere gli è possibile mantenere apparentemente una propria integrità e quindi una propria sopravvivenza. Non dobbiamo dimenticare che il «falso» è legato ad una «deanimazione» dell’altra persona poichè visto solo in funzione delle esigenze del soggetto stesso e quindi «usato» e «manipolato» esclusivamente per soddisfare i propri bisogni compulsivi.
L’individuo sarà così portato a simulare le proprie realtà interne senza peraltro che sussista una vera e propria differenza soggettiva in quanto egli ha trovato «un’invidiabile modalità» per non sentire il dolore: simulazione e manipolazione della realtà creano una realtà adatta a sè che nasconde i suoi vuoti interni. In tali personalità esiste una esigenza di soddisfare impulsivamente e compulsivamente i propri bisogni che diventano di tanto in tanto primari. Non avvertendo la sofferenza poichè trova la soluzione nel cambiare la realtà egli attraverso un meccanismo di diniego può vivere ogni realtà che possa appagarlo ma nelle due diverse, ma analoghe, ipotesi di un «mascheramento» e di una disgregazione corpo-mente. Tutto ciò naturalmente crea però nella realtà sociale delle vittime.