martedì 8 febbraio 2005

Roma, a Palazzo Corsini
in mostra settanta fogli del Codice Atlantico di Leonardo

La Gazzetta di Parma 8.2.05
Leonardo
di Antonella Parisi


Il sorriso della Monna Lisa s'accende d'ironia. Pare che voglia lanciare la sua sfida: " Vedete un po' se ci riuscite voi a dargli una veste che non gli sia stretta. Io ci ho rinunciato". Allude alla professione del Maestro. Pittore? Scultore? Ingegnere? Anatomista? Botanico? Zoologo? Fisico? Matematico? Geologo? Geografo? No, tutto questo è troppo poco. La definizione che forse meglio gli si attaglia è quella larga d'Uomo, nel senso di Homo sapiens: " Caratterizzato dalla stazione eretta, dalla pelosità ridotta, dalle mani abili con pollice opponibile, dal grande sviluppo del cervello. Si distingue dagli animali soprattutto per l'alto grado d'intelligenza di cui è dotato", si legge nell'Enciclopedia Italiana. Ecco cos'è Leonardo: la prova dell'esistenza dell'Uomo, inteso come essere pensante. Un modello da esportazione, magari fuori del sistema solare, per far bella figura tra genti sconosciute. Un Ulisse sempreverde, navigatore in solitaria nel mare non finito del conoscere. È l'omino di Vitruvio, che scalda i muscoli nel cerchio e nel quadrato, per poi scappare ed indagare nuove geometrie. Osservare i disegni di Leonardo, quell'arruffato sbatter d'ali, il cigolare di ruote e manovelle, il fiammeggiare di occhi e fuochi, è un'esperienza che sa di universale. Siamo uomini e come tali ci sentiamo tutti parte del miracolo. Lo vedi come funziona?, spiega il padre al figlio, come se quella macchina l'avesse progettata lui. Succede a Roma, a Palazzo Corsini, sede dell'Accademia Nazionale dei Lincei che, per celebrare i quattrocento anni dalla sua fondazione, mette in mostra settanta fogli del Codice Atlantico. L'album (grande come un atlante e da qui la ragione del nome), è la più corposa raccolta di studi del genio vinciano. Fu messo assieme, colla e forbici alla mano, verso la fine del '500, dallo scultore e collezionista Pompeo Leoni. Acquistato poi dal conte Galeazzo Arconati, nel 1637 fu donato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano dove da allora si conserva - fatta eccezione per una breve vacanza francese voluta da Napoleone. In mostra non ci sono gli originali, ma le stampe della storica edizione, la prima e pi ù completa, curata dall'Accademia dei Lincei tra il 1894 e il 1904, in collaborazione con la casa editrice Hoepli. Delle 280 copie uscite dai torchi un secolo fa oggi ne sopravvivono pochissimi esemplari, uno è quello esposto. La parata di invenzioni - affiancate in mostra dalle macchine del Museo Leonardiano di Vinci e da gioielli d'aziende italiane e europee, testimoni della moderna ricerca tecnica e scientifica (catalogo Anthelios, curatore scientifico Carlo Barbieri) - ci lancia in un mondo futuribile di cinque secoli fa. Leggiamo un'ansia di scoperta tra quelle carte dense di inchiostri sfumati in chiaroscuro, quasi la mano del genio fosse portata via da un agitato spirito guida. Leonardo pare sedotto dall'incompiuto, come se la fretta di inventare lo ponesse in continua gara col tempo (scrive il Vasari: " Vedesi bene che Lionardo per l'intelligenza dell'arte cominciò molte cose e nessuna mai ne finí"). Perdiamoci tra quelle carte. Ecco l'uomo che vola appeso a un fazzoletto. Ecco l'uomo che cammina sull'acqua, con pattini speciali. E quello che cammina sott'acqua, con boccaglio e canna. E poi lo strumento per "vedere quando si guasta il tempo", di cera e di bambagia. E ancora la macchina per cardare, quella per piallare, per distillare, tornire... C'è anche il " mazzocchio", un gioco di solidi complessi, esercizio che sfiora il virtuosismo. E ancora la quadratura del cerchio - impossibile, ma ciò non conta, l'importante è provarci, non riuscirci. Le invenzioni sfilano via infinite come i grani di un rosario di maggio. E la sorpresa talvolta viene a interrompere il ritmo. Qua e là, tra i colpi di genio, si aprono squarci di vita domestica, d'affarucci da sbrigare, di tempo prosaico da smistare. Scopriamo appunti di vita privata che rubano carta alle intuizioni. Il resoconto del compenso da pagare ai giovani di bottega. Un elenco d'oggetti personali ("1 asciugatoio, 1 tovaglia, 1 guarda nappa, 6 mantil co lo sciugamano, 1 par di lenzuola, 2 camice"). La copia di una lettera inviata a Ludovico il Moro per ottenere l'incarico di progettista militare. Un abbozzo di racconto libertino, con l'immancabile prete gaudente. E la risposta al fratello che gli annuncia la nascita di un figlio: hai creato un pretendente alla tua eredità, gli scrive salace. C'è anche la coniugazione in latino del verbo amare. "Amo, amas, amat", ripete zelante come uno scolaretto. Una vera fatica per Leonardo che si definiva "omo sanza lettere". Più facile per lui il calcolo del diametro terrestre delle flessioni di verbi in lingua morta.