martedì 8 febbraio 2005

«questa o quella per me pari sono»
(dal Rigoletto...)

Eco di Bergamo 8.2.05
Platone invece del Prozac? Non sempre è una buona idea
di Massimo Centini


Freud, Jung, Lacan & C. potrebbero diventare roba vecchia? Personaggi un po tramontati ed espressione di un tempo che non c'è più? Qualcuno dirà che forse era ora. Però, tralasciando polemiche e punti di vista, sembra meritare oggi la massima attenzione la tendenza, sempre più diffusa negli Usa e adesso anche in Italia, di sostituire le psicoterapie con sedute di filosofia.
Parlare di filosofia, leggerne e tentare di sfruttarla come strumento per conoscere meglio il sé, pare funzioni bene per curare i problemi della vita, non certo per sanare le patologie vere. Basti ricordare che qualche anno fa, sempre negli Stati Uniti, il libro «Platone è meglio del Prozac» fu un vero e proprio best-sellers: forse l'incipit di una nuova moda che guarda alla speculazione filosofica come ad un'alternativa all'analisi. Il metodo antico basato sulla capacità di porsi delle domande e dialogare, perché dovrebbe essere terapeutico? Forse perché consente di andare al di là delle apparenze, oltre il limite stretto della vista che sa guardare solo l'esteriorità e le sue ambiguità.
Ma riflettere aiuta a guarire? È qui che le scuole si dividono. Infatti il pensiero è arma a doppio taglio: da un lato consente di fendere il velo dell'apparenza e di andare nel profondo delle cose scoprendone il volto più autentico. Nello stesso tempo, però, il pensiero può renderci fragili, maggiormente aggredibili dalla sofferenza che produce la capacità di entrare verticalmente nelle cose dissezionandole fino a presentare le molteplici facce della realtà. Il pensiero non è, quindi, cosa da prendere sottogamba: e se affidarsi ad uno psicoanalista sbagliato può essere deleterio, anche guardare alla filosofia come ad una panacea capace di risolvere tutti i problemi, può essere altrettanto devastante. In alcune università italiane sono già attivi corsi di specializzazione che dovrebbero consentire la formazione dei futuri «consulenti filosofici». Emblematici i titoli di alcuni di questi corsi: «Applicazioni professionali della filosofia: la consulenza» (Ca Foscari, Venezia), «La consulenza filosofica. Teoria e applicazioni pratiche» (Università di Torino). Non siamo dell'idea che per fare ricorso alla «terapia» filosofica sia necessaria una condizione ben precisa: non essere ammalati. Anche se è indubbio che la storia del pensiero, in particolare quello occidentale, è colma di filosofi ai limiti della patologia, non si deve dimenticare che l'arte dello speculare non è proprio un'operazione che si può effettuare risentendo degli effetti che possono provenire da disturbi e malesseri. Se guardare alla filosofia come ad una risorsa per evitare di diventare dipendenti della psicoterapia, quando di tale strumento effettivamente non vi è il bisogno, forse può essere anche un'utile opportunità, di certo non c'è ragionamento, per quanto elevato, che possa sostituire farmaci e l'appoggio fornito da un terapeuta.
Il «Counseling filosofico» ha comunque raggiunto una sua dignità e un suo tariffario: in Italia il costo per seduta si aggira tra i 50 e i 70 euro. La maggioranza di noi non è però ancora abituata all'idea che farsi intrattenere da un filosofo possa essere una forma di terapia e, soprattutto, ci sembra un po' strano dover anche pagare chi per mestiere tratta di argomenti difficili da quantificare e correlarli ad un costo orario. E poi, la maggioranza di noi ha un'dea precisa di che cosa sia la filosofia? Ma, prima di tutto, chi è il filosofo? Basta una laurea? Quante volte abbiamo sentito dire di qualcuno: «Quello lì è un filosofo». Riconoscimento che certo non gli veniva da titoli, pubblicazioni o docenze, ma semplicemente dal fatto che risultava provvisto di una merce oggi sempre più rara: il buon senso. Vi è quindi la possibilità, a ben guardare, che il filosofo a cui richiedere un aiuto non vada ricercato tanto lontano: forse basta osservarci dentro, porci qualche domanda, provare a ripercorrere le strade che segnano quel patrimonio chiamato esperienza. Senza dubbio costa meno.