L'Arena Lunedì 7 Febbraio 2005
Psichiatri e storici hanno discusso il tema in Letteraria
Lo sterminio dei disabili altro orrore del nazismo
di Rosangela Lupinacci
VERONA. Alla Società Letteraria si è concluso il programma per il Giorno della Memoria con un incontro fra psichiatri e storici, salutati dal presidente Alberto Battaggia, che hanno discusso su "Psichiatria, nazismo, sterminio", l'eugenetica nazista che ha portato allo sterminio dei disabili e alla deportazione dei pazienti dagli ospedali psichiatrici italiani. "In un pamphlet weimariano del 1920 si teorizzava la liberalizzazione di un'estinzione di una vita priva di valore;- ha esordito lo storico Carlo Saletti, curatore degli incontri - un testo spaventoso che dimostra che l'idea mortifera è antecedente a Hitler: i disabili sono un peso per la società e possono compromettere il patrimonio genetico. Per tanti anni si è pensato che la cultura fosse un antidoto al genocidio: Auschwitz insegna che sono complici."
Michael von Cranach, psichiatra e storico, direttore di un istituto presso Monaco di Baviera, ha ricordato come dalla riforma psichiatrica del 1980 gruppi di giovani studiosi abbiano deciso di fare i conti in Germania con un passato rimosso. "Il primo settembre 1939, giorno della marcia delle truppe tedesche in Polonia, Hitler varò una legge sull'eutanasia o "morte di grazia" data dai medici ai pazienti;- ha spiegato von Cranach - il comando dell'operazione, detta T4, era appunto a Berlino, in Tiergarten-strasse 4. In sei manicomi vennero allestite camere a gas; si calcola che dal 1940-41 vennero uccise 75.000 persone; nel '41 la legge fu abrogata e le camere a gas trasferite nei lager. Negli ospedali la morte avveniva per overdose di oppiacei e barbiturici, "cura della fame", anche su bambini; erano ammesse sperimentazioni. La cosa più difficile da capire è come questi psichiatri di cultura, buona educazione, non psicotici, abbiano potuto uccidere i loro malati. Anche se la colpa non può essere collettiva, noi tedeschi abbiamo la responsabilità del passato, di commemorare le storie individuali e restituire loro dignità. Il processo di riconciliazione con il riconoscimento della colpevolezza dei criminali, il dialogo con le vittime, il sentimento di lutto, cominciato nel dopoguerra e approfondito dalla generazione del '68, non è concluso. L'amicizia in Europa si basa sulla memoria".
Lorenzo Torresini, psichiatra e direttore dei servizi di psichiatria a Merano, ha illustrato alcuni episodi. "Dopo il processo contro i persecutori della Risiera di San Sabba nel 1973, che ha portato Trieste a riappropriarsi della memoria della deportazione dei pazienti ebrei, ho cominciato ricerche d'archivio con la scoperta che i malati erano "dimessi manu militari e portati in destinazione ignota", cioè Auschwitz.- ha affermato Torresini - Nel 1938, quando per gli accordi fra Mussolini e Hitler, fu permesso ai sudtirolesi di scegliere fra l'Italia o la Germania, i malati psichiatrici vennero considerati al seguito dei familiari; a Pergine (Trento) i pazienti delle famiglie optanti vennero trasferiti in ospedali oltre frontiera e se ne persero le tracce. A San Servolo a Venezia ci furono molte deportazioni; come dice Michel Foucault sulla microfisica del potere, chi è deprivato di potere per crisi esistenziali sperimenta la sopraffazione: la porta chiusa a chiave nei reparti acuti o il letto di contenzione non sono nazismo, ma sono il problema di un'attitudine alla prevaricazione e all'internamento. La legge sull'eutanasia approvata nella democratica Olanda ci impone risposte etico-politiche".
"Il progetto T4 non è finito: nel 1994 è stato usato in Bosnia-Erzegovina con la pulizia e gli stupri etnici;- ha ammonito Angelo Lallo, ricercatore di Portogruaro (Venezia), che ha portato in visione i documenti su sei deportati ebrei di san Servolo - in poche righe abbiamo concentrato il paradigma fra nazismo e psichiatria. Dove vanno a finire questi malati dimessi secondo le cartelle cliniche? Sono consegnati alle SS nell'ottobre del '44 con la partenza in convoglio probabilmente per Auschwitz."
"L'olocausto psichiatrico non ha limiti nel tempo o nello spazio: lo sterminio nasce da una cultura di darwinismo sociale ottocentesca;- ha sostenuto Antonio Balestrieri, ordinario di psichiatria a Verona e direttore dell'Associazione psichiatrica italiana - Eugen Bleuler, che ha scoperto la schizofrenia, si chiedeva se i suicidi frequenti fra questi malati non fossero utili. In Polonia i nazisti nei manicomi uccidevano medici, infermieri, malati per far spazio ai loro soldati. Dietro questa ideologia di distruzione dei malati di mente c'è quasi una convinzione religiosa, uno spirito spaventoso".
"La medicina scientifica psichiatrica ha inventato contenitori, i manicomi, che non sono neutri, ma hanno creato cronicità per i degenti e frustrazione per gli operatori;- ha concluso Torresini - Franco Basaglia rispondeva che non c'era "soluzione finale" alla follia. Sono gli psichiatri che hanno inventato la pulizia etnica anche in Bosnia: la cultura dell'internamento è un continuo interrogativo".
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