domenica 13 marzo 2005

la passione d'amore è una droga

La Stampa 13.3.05
L’amore come il doping
Troppa passione provoca dipendenza


PARIGI — «Un filtro d'amore», si leggeva nelle favole, «un incantesimo»: per lo psichiatra francese, specialista in tossicodipendenze, Michel Reynaud, l'innamorato si comporta né più né meno come un drogato. E il doping che usa non è nemmeno dei più leggeri: crea dipendenza, se ne vuole sempre di più e fa rischiare l'overdose. In un libro a metà fra lo scientifico e il divulgativo - «L'amore è una droga leggera...in generale» - lo psichiatra descrive la passione che nasce fra due esseri umani come il consumo di una droga del quale si ha un bisogno sempre più smisurato: «Siamo drogati della pelle dell'altro - scrive - ci inebria, ci rende meravigliosamente felici e dipendenti. Lo si sospetta di averci somministrato un filtro, gli si ripete «mi manchi» e si soffre in sua assenza, basta rivederlo per tornare ancora meravigliosamente felici...si sfiora l'overdose di dolore e si ha paura che possa essere fatale». Reynaud e altri suoi colleghi sono rimasti colpiti nell'osservazione sistematica dei comportamenti degli innamorati e dei tossicodipendenti, dall'alternanza di esaltazione e disperazione a seconda della presenza o dell'assenza dell'essere o della sostanza desiderata. La differenza è nell'evoluzione: che nel rapporto fra due persone può diventare un rapporto più impegnativo e duraturo, ma che rischia talvolta di deviare verso passioni distruttrici, proprio come nel caso della droga. La neurobiologia dà man forte a Reynaud: «da pochi anni disponiamo - scrive lo psichiatra - di informazioni scientifiche che corroborano la tesi che il famoso «filtro d'amore» possa rendere schiavi come una sostanza stupefacente. A lungo abbiamo rifiutato di ammettere, per mancanza di dati scientifici, ma anche per questioni morali, che ciò che rende dipendenti, in entrambi i casi, è la dimensione del piacere». E la neurobiologia insegna che in entrambi i casi - amore e droga - interviene l'aumento di una sostanza nel cervello neuromediatore, la dopamina, che dà stimoli creativi, voglia di scoprire, di saperne di più, di provare ad andare oltre. In realtà, il corpo umano è «programmato» per il piacere, così come dimostrato dal complicato sistema di neurorecettori e neurotrasportatori chimici che esistono a tale scopo. Tutto, però, è già pronto per «tornare a uno stato di maggior neutralità - spiega lo studioso - qualora il piacere venga a mancare, senza soffrire di mancanza intollerabile». Al contrario, come nel caso di droghe e amore, quando il piacere arriva in «dosi massicce», impreviste dal sistema, la mancanza diventa «intollerabile».

La Gazzetta del Sud 13.3.05
Secondo lo psichiatra «crea dipendenza, se ne vuole sempre di più»
L'amore è come il doping: si rischia l'overdose
Aurelio Manenti

ROMA – «Un filtro d'amore», si leggeva nelle favole, «un incantesimo»: per lo psichiatra francese, specialista in tossicodipendenze, Michel Reynaud, l'innamorato si comporta né più né meno come un drogato. E il doping che usa non è nemmeno dei più leggeri: crea dipendenza, se ne vuole sempre di più e fa rischiare l'overdose. In un libro a metà fra lo scientifico e il divulgativo – «L'amore è una droga leggera... in generale» – lo psichiatra descrive la passione che nasce fra due esseri umani come il consumo di una droga del quale si ha un bisogno sempre più smisurato: «siamo drogati della pelle dell'altro – scrive – ci inebria, ci rende meravigliosamente felici e dipendenti. Lo si sospetta di averci somministrato un filtro, gli si ripete “mi manchi” e si soffre in sua assenza, basta rivederlo per tornare ancora meravigliosamente felici... si sfiora l'overdose di dolore e si ha paura che possa essere fatale». Reynaud e altri suoi colleghi sono rimasti colpiti nell'osservazione sistematica dei comportamenti degli innamorati e dei tossicodipendenti, dall'alternanza di esaltazione e disperazione a seconda della presenza o dell'assenza dell'essere o della sostanza desiderata. La differenza è nell'evoluzione: che nel rapporto fra due persone può diventare un rapporto più impegnativo e duraturo, ma che rischia talvolta di deviare verso passioni distruttrici, proprio come nel caso della droga. La neurobiologia dà man forte a Reynaud: «Da pochi anni disponiamo – scrive lo psichiatra – di informazioni scientifiche che corroborano la tesi che il famoso “filtro d'amore” possa rendere schiavi come una sostanza stupefacente. A lungo abbiamo rifiutato di ammettere, per mancanza di dati scientifici, ma anche per questioni morali, che ciò che rende dipendenti, in entrambi i casi, è la dimensione del piacere». E la neurobiologia insegna che in entrambi i casi – amore e droga – interviene l'aumento di una sostanza nel cervello neuromediatore, la dopamina, che dà stimoli creativi, voglia di scoprire, di saperne di più, di provare ad andare oltre. In realtà, il corpo umano è «programmato» per il piacere, così come dimostrato dal complicato sistema di neurorecettori e neurotrasportatori chimici che esistono a tale scopo. Tutto, però, è già pronto per «tornare a uno stato di maggior neutralità – spiega lo studioso – qualora il piacere venga a mancare, senza soffrire di mancanza intollerabile». Al contrario, come nel caso di droghe e amore, quando il piacere arriva in «dosi massicce», impreviste dal sistema, la mancanza diventa «intollerabile».