domenica 13 marzo 2005

un'idea per un bel week end

L'Unità 13 Marzo 2005
Sulle montagne bavaresi un mega albergo a cinque stelle
La baita di Hitler diventa un hotel di lusso
Stefano Vastano

BERLINO Sin dai primi del Novecento erano questi picchi bavaresi il luogo di villeggiatura della Bohème tedesca e dalle grandi menti viennesi. Sulle cime del Watzmann, dello Jenner e della «Schlafende Hexe» (la strega addormentata) ­le vette del massiccio dell’Obersalzberg­ erano Clara Schumann, Johannes Brams e persino Sigmund Freud a riempirsi i polmoni d’aria pura e le pupille dell’incanto dei luoghi. Poi, a partire dal maggio del 1923, uno strano personaggio cominciò a frequentare quelle alture. Prendendo in affitto una sperduta baita sulla montagna: un casolare chiamato «Berghof».
È lì che, nell’estate del 1925, Adolf Hitler terminò la seconda parte del suo programma ideologico e di guerra razziale: «Mein Kampf». Non per niente i fedelissimi del suo partito battezzarano quella capanna montana ­acquistata da Hitler già nel 1928 e dal ‘33 luogo di culto dei fanatici del Führer­ la «Kampfhäuserl», la casetta della battaglia. Sin dalle prime ore del nazismo dunque le dolci cime bavaresi nei pressi di Berchtesgaden si trasformarono nella stramaledetta centrale politica del Terzo Reich. Una vera e propria «filiale di Berlino» come lo stesso Martin Bormann, segretario factotum di Hitler, definì il complesso sulla montagna bavarese. Che, a partire dal ’33 e per tutti e dodici gli anni del nazismo, divenne uno dei più grandi cantieri di Hitler. Fu lo stesso dittatore, fra una passeggiata e l‘altra col suo prediletto quadrupede Blondie, a progettarvi un Bunker dopo l’altro, ed aereoporti, ospedali e caserme delle SS. Tanto che solo negli ultimi anni del conflitto, ad opera di specializzate maestranze italiane, fu terminato il progetto della «Kehlsteinhaus»: un edificio all’estrema vetta del monte in omaggio al 50° compleanno del Führer. Ci vollero ben 1300 bombe della Royal Air Force per ridurre al suolo, nell‘aprile del ’45, tanto deleterio cemento ed architettura nazista sulle alture dell’Obersalzberg.
La stessa montagna che, dal primo marzo scorso, ha riaperto i battenti per i primi facoltosi clienti del «più esclusivo Mountain Resort di tutta la Germania». La catena alberghiera Intercontinental ha infatti avuto la non proprio geniale idea di aprirvi un hotel a cinque stelle sugli stessi pendii in cui Hitler amava prendere ­molto piú spesso che a Berlino o a Norimberga­ i suoi bagni di folla. Oggi bisogna sborsare almeno 270 euro per godersi la panoramica di quella montagna incantata in una delle 138 camere di lusso dell’Intercontinental di Berchtesgaden. Ce ne vogliono invece 1300 euro per passarvi una notte in una delle sue suite. E a partire da 2500 euro per godersi ­con tanto di sala da pranzo, bagno panoramico e persino la stanzetta per il Butler­ tutti i comfort della gigantesca «Suite del Presidente». Che è poi l’unica in tutto l’hotel sui cui tavolini da notte non sia poggiata a bella vista una copia de «L’utopia della morte». È il volume, pubblicato dal rinomato Istituto di storia contemporanea di Monaco, che fa da guida al Centro di Documentazione del nazismo di Berchetsgaden. A differenza dell’architettura del lussuoso Hotel, una postmoderna colata di 7000 metri quadrati di vetrate incastonate in una calda pietra naturale, il Centro di Documentazione è un piatto edificio a poche centinaia di metri dal nuovo Intercontinental.
Aperto dal 1999, in media 136mila visitatori l’anno ci entrano a visitare l‘accurata mostra sulla «montagna del nazismo» curata da Volker Dahm. «L‘apertura dell’Hotel in questo luogo è una iniziativa molto coraggiosa», ammette lo storico bavarese. Ed aggiunge: «Senza il nostro Centro di Documentazione non si sarebbe mai arrivati ad aprire qui un Hotel del genere». Anche i manager della nota catena alberghiera sanno benissimo che l’operazione turistica a cinque stelle ­l’Hotel vanta una zona sauna e piscina di 1400 metri quadrati, interamente coperti da maioliche madreperla­ non è delle più scontate. È per questo che, oltre al compendio di storia sui tavolini delle stanze, hanno tenuto ad arredare il nuovo tempio del Wellness nel più candido stile possibile. Alle pareti, anche in quelle del nobile ristorante «Le Ciel», solo quadri, per lo più di giovani pittori tedeschi, con elegiaci panorami alpini. E la moquette nelle stanze adorna dei più teneri motivi floreali: aghi di pino fra fiocchi di neve. Nella Lobby poi, grandi spioventi lampade bianche danno quel tocco di moderno brio -in contrasto con le pareti di nuda pietra­ all’ambiente. «È certo un luogo storicamente molto particolare», spiega cortesemente ai giornalisti Jörg Böckeler, direttore del nuovo Interconti. Che per non spaventare troppo i suoi clienti aggiunge: «Ma per prima cosa è un meraviglioso luogo naturale». Basteranno l’incanto dei monti, la raffinata eleganza delle stanze e dell’architettura ad allontanare dallo Chalet a cinque stelle gli spettri del passato? Persino sulle colonne del «New York Times» son già sorti i primi dubbi al riguardo. «Qui Hitler viziava bambini biondi con fragole alla panna», ha scritto il giornale americano. Chiedendosi quindi caustico: «I nuovi ricchi lo imiteranno?».