sabato 12 febbraio 2005

Britain
amare è malattia

La Stampa 12 Febbraio 2005
LA TESI DI UNO PSICOLOGO INGLESE: LA PASSIONE È UNA MALATTIA MENTALE
Sei innamorato, vai dal medico
Eugenia Tognotti


QUALCOSA, dopotutto, vorrà pur dire se il lessico «specialistico» ruota così irresistibilmente intorno al campo semantico della medicina. Soffrire per amore, avere il batticuore o il cuore infranto, essere consumati, o, addirittura, pazzi d'amore. O, ancora, febbre d'amore, amore morboso, amore malato. Per non ricordare che alcune espressioni correnti che rimandano a stati patologici di diversa intensità, dall'innocua febbre alla tachicardia, per arrivare addirittura alla malattia mentale, usata comunemente come metafora per descrivere l'esaltazione del sentimento d'amore, tanto che persino nella nostra contemporaneità così «spassionata» una delle dichiarazioni più diffuse è «ti amo da impazzire».
A dirci ora - e proprio alla vigilia della festa che celebra il trionfo dell'amore felice e appagato - che l'amore, in certi casi, è, può essere, una malattia è un influente psicologo clinico londinese, Frank Tallis, autore di un libro appena uscito e il cui titolo è tutto un programma: Love Sick. Love as a Mental Illness, Amore malato. amore come malattia mentale, insomma. Un concetto ribadito in un articolo comparso, questi giorni, sulla rivista The Psycologist. Il mal d'amore - è la sua tesi - è ampiamente sottovalutato ed è ora che gli esperti di salute mentale si decidano ad affrontarlo, come avveniva nei secoli passati, prima che la gente cominciasse a preoccuparsi del sesso piuttosto che dell'amore, sulla scia di Freud e dei suoi seguaci. Avere il cuore infranto, «consumarsi» per un amore non corrisposto, si traduce in una vera e propria patologia psicofisica, accompagnata da una costellazione di sintomi che comprendono, secondo gli stadi: manie, depressione/esaltazione, crisi di pianto, mutamenti d'umore, pensieri ossessivi, insonnia, perdita d'appetito, immagini ricorrenti e persistenti, pulsioni superstiziose e ritualistiche, incapacità di concentrazione, disordini compulsivi e ossessivi, come il ripetuto controllo della posta elettronica per verificare l'arrivo di messaggi o la dipendenza dal telefono. Ce n'è abbastanza - dice - per configurare la presenza di quello che secondo i criteri medici riconosciuti è indicato come un quadro tipico di «depressione maggiore». Eppure, accusa il dott. Tallis, negli ultimi due secoli questa vera e propria malattia ha smesso di essere diagnosticata come tale e mai lo specialista - racconta - si troverà di fronte ad un paziente inviato dal medico generico in quanto malato d'amore. E, forse, si può aggiungere, lo stesso malato non avrebbe le parole per raccontarla, la sua malattia, e ricorrerebbe alla semantica volgarizzata e impoverita della medicina e della psichiatria (depressione, paranoia, stress).
L'amore come malattia, dunque, che, in casi estremi, può portare alla morte o al suicidio. Il tempo dirà se è arrivato il momento di medicalizzare il mal d'amore e se entrerà come nuova entità nosologica nella classificazione Internazionale delle malattie (ICD), passando dalle mani dei poeti, pittori, degli scrittori, degli sceneggiatori, dei filosofi, dei cantanti pop in quelle degli psicologi.
E' una fortuna che Ludovico Ariosto non ne avesse uno a portata di mano e abbia cullato la sua, di pazzia, fonte del suo estro narrativo: nel raccontare la storia d'Orlando, è a se stesso che s'ispira, promettendo di condurre a termine l'opera se la febbre d'amore che lo divora non gli «rode e lima» il cervello. Il dolore per l'amore infelice, per l'amore non corrisposto, topos universale e costante nella tradizione poetica occidentale, nutre i versi del poeta francese Guillaume Apollinaire, il «mal amato», dal titolo della Chanson du mal-aimé. Dall'accettazione della sofferenza trae la forza per rinascere come la Fenice: «E tu mio cuore perché batti / Come una vedetta melanconica / Osservo la notte e la morte».
Noto come hereos nel Medioevo, e presente nei manuali di medicina, la patologia dell'amore è un cavallo di battaglia dei poeti latini e della medicina antica e medievale che si misurano con l'amore insano, con l'amore sfrenato, con la melanconia erotica. Dall'hereos al mal d'amore. Che percorre i secoli nei suoi diversi stadi: da un leggero stato di malinconia ad un lento logoramento, alla malattia conclamata, alla vera e propria pazzia come quella, appunto, dell'Orlando furioso. Nonostante il poliformismo dei sintomi e la nebulosa dei quadri malinconici, conquista nella medicina del Rinascimento una propria identità, una propria autonomia nosografica. La sostiene, tra gli altri, un medico francese, Jacques Ferrand, che scrive addirittura un libro dallo sterminato titolo che comincia così De la maladie d'amour ou Melancholie erotique.
Non diversamente dalle altre malattie, comprese quelle mentali - la cui specificità si sarebbe imposta solo con lo scioglimento del nodo delle concezioni dualistiche tra il corpo e l'anima - quella d'amore era considerata come una manifestazione dello squilibrio degli umori del corpo. Specialmente implicato era «l'umore nero», pesante e spesso, della «melanconia». La sede organica erano gli ipocondri, dai quali poi si diffondeva al cuore per arrivare infine al cervello. Per il medico italiano Pompeo Sacco, invece, era proprio quest'organo la sede primitiva del mal d'amore. Vi erano interessati gli occhi, la pelle che impallidiva o arrossiva, alternativamente, la voce che diventava flebile e tremolava in presenza dell'amato/a. La fixa imaginatio in amatam poteva far evolvere il quadro verso la melancholia.
Di trattato in trattato, i medici precisano i sintomi del mal d'amore, minuziosamente descritti, nel Settecento, dal medico austriaco Joseph Frank: debolezza, pallore, occhi infossati, polso irregolare, piccolo e debole in assenza dell'amato/a, tendenza al sanguinamento, aritmia, dolore epigastrico, inquietudine, febbricola. Altri segni - riconducibili alla presenza di un quadro depressivo - erano difficoltà di concentrazione, instabilità d'umore, malinconia, indifferenza all'opinione degli altri, trascuratezza negli affari, fastidio per i buoni consigli, sprezzo del pericolo.
Precisi nell'elencare i sintomi, i trattatisti non avevano però precise strategie terapeutiche per guarire dai tormenti dell'amore non corrisposto: sulla scia di un classico come remedia amoris suggeriti da Ovidio si consigliava di evitare i luoghi che accendevano i sogni e la visione dell'oggetto d'amore. Un viaggio, lunghe e stancanti passeggiate, la caccia, compagnie allegre erano indicati come possibili rimedi, così come l'espediente di trasformare l'amore in odio. Le prescrizioni dietetiche comprendono bevande acidule, alimenti di facile digestione e rinfrescanti, e in particolare carni lesse, legumi acquosi e frutta. Da evitare, invece, cibi e bevande come vino, caffè, liquori, pesce, uova, selvaggina, funghi e, meno che mai, tartufi.
Considerato non inguaribile dai medici, il mal d'amore - malattia del cuore, del cervello, dell'ipocondrio - era però difficile da curare perché i malati stessi, talvolta, non solo non desideravano guarire dai loro tormenti, ma continuavano a cercare questo genere d'amore, malattia ed estasi.